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autore
brano
 
Cicerone
I doveri, I, 90
 
originale
 
[90] Atque etiam in rebus prosperis et ad voluntatem nostram fluentibus superbiam magnopere, fastidium arrogantiamque fugiamus. nam ut adversas res, sic secundas inmoderate ferre levitatis est praeclaraque est aequabilitas in omni vita et idem semper vultus eademque frons, ut de Socrate itemque de C. Laelio accepimus. Philippum quidem Macedonum regem rebus gestis et gloria superatum a filio, facilitate et humanitate video superiorem fuisse. Itaque alter semper magnus, alter saepe turpissimus, ut recte praecipere videantur, qui monent, ut, quanto superiores simus, tanto nos geramus summissius. Panaetius quidem Africanum auditorem et familiarem suum solitum ait dicere, "ut equos propter crebras contentiones proeliorum ferocitate exultantes domitoribus tradere soleant, ut iis facilioribus possint uti, sic homines secundis rebus effrenatos sibique praefidentes tamquam in gyrum rationis et doctrinae duci oportere, ut perspicerent rerum humanarum imbecillitatem varietatemque fortunae".
 
traduzione
 
90. Ancora un avvertimento. Nella prospera fortuna, quando tutto va secondo i nostri desideri, evitiamo quanto pi? ? possibile l'orgoglio, fuggiamo il disprezzo e l'arroganza. E' indizio. di gran leggerezza il sopportare senza regola e senza misura cosi la prospera come l'avversa fortuna; mentre ? cosa bellissima il mostrarsi eguali a se stessi in ogni momento della vita, e il mantenere sempre lo stesso volto e la stessa fronte, come si racconta di Socrate e di Gaio Lelio. Io leggo nella storia che Filippo, re dei Macedoni, fu bensi superato da suo figlio nella gloria delle imprese militari, ma lo super? di gran lunga nell'affabilit? e nella dignit? umana; e cos?, mentre il padre fu grande sempre, il figlio fu spesso brutale; cos? che hanno evidentemente ragione coloro i quali ci consigliano di comportarci tanto pi? umilmente quanto pi? siamo posti in alto. Racconta Panezio che l'Africano, suo discepolo ed amico, soleva dire: " come i cavalli, vibranti di selvaggia fierezza per il frequente slanciarsi nelle battaglie, li affidiamo di solito ai domatori per averli pi? docili alla mano, cos? gli uomini, imbaldanziti dalle molte fortune e troppo fiduciosi nelle proprie forze, dobbiamo condurli, per cos? dire, alla scuola della ragione e della saggezza, perch? vi imparino l'instabilit? delle cose umane e la mutabilit? della fortuna".
 

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